Conversazione tra Jirì Kyliàn e Susumu Shingu
Conversazione tra Jirì Kyliàn e Susumu Shingu(*)
Shingu: Ad essere onesto, all’inizio, l’idea di incorporare una mia creazione nel vostro lavoro mi rendeva ansioso. Non avrei mai potuto pensare ad una scultura simile senza una vostra richiesta e senza quell’idea originale di cui abbiamo discusso insieme in Giappone.
La nostra collaborazione era iniziata proprio in quell’occasione. Lì voi avete esattamente colto l’essenza della mia scultura per poi incorporarla nella vostra meravigliosa coreografia.
Kyliàn: Penso che questa collaborazione sia stata utile per entrambe perché Voi conoscete il mio lavoro da molto tempo e io conosco il vostro da qualche tempo. E’ come se avessi avuto già presente nella mia mente la forma della vostra scultura, nulla avrebbe potuto cancellarla.
Dovete essere certo che fa sempre parte dell’insieme. Mentre utilizziamo le luci, la scultura non è ancora visibile, noi non ne vediamo che i riflessi e anche se compare eccezionalmente, la scultura resta comunque sempre lì.
E’ come la morte, sempre là, dietro l’angolo della strada, dapperttutto, assolutamente dapperttutto. Questa mia coreografia è un’esperienza totalmente differente, una ricerca dall’inizio alla fine, e per la quale io sono sempre in cerca. E’ come accade nel corso di una conversazione, quando voi per esempio non capite e cercate di comprenderne il senso via via. Idem, quando poi sviluppate un rapporto, voi cominciate a capirlo bene, dato che è una creatura vivente con cui si può avere contatto. Ciò non finisce mai d’ingrandirsi, arricchisce i danzatori ma anche me stesso che via via capisco di più. Questo genera anche una forma d’ambiguità, fa nascere delle stratificazioni di senso, dei sentimenti. Questo lavoro è uno dei più astratti che io abbia mai portato a termine. Non parla ancora di questo o di quello, ma per me è un lavoro ricco di emozioni, nel quale i danzatori contribuiscono molto con le loro personalità. Tocca da vicino il tema sentimenti, quelli che sono difficili a esprimersi a parole ed è proprio per questo che la danza esiste. Davanti all’impossibilità di comunicarli perché nessuna parola riesce a esprimere completamente ciò che noi sentiamo, noi li manifestiamo coniugando fisico, spiritualità e emozione.
Shingu: Pensate che i danzatori si siano accostati a questo vostro nuovo lavoro in maniera differente che per altri?
Kyliàn: Sì, certo. Perché essi hanno in testa quest’immagine, molto stimolante, molto bella ma di fronte alla quale provano ugualmente anche un senso di timore proprio a causa della presenza dominante della vostra scultura. Pertanto non è stato facile crearla anche per questa ragione e ho pensato che il miglior modo di farlo era quello di prendere tutto il tempo necessario senza fretta. Lei è là e anche quando sparisce, si sa che è sempre là. La vostra scultura prende e dà vita. Qualcosa del genere. Per me ora è una stella del mattino, ora una macchina di morte che può uccidere in qualsiasi momento. Tutto ciò è quasi magico! Vi attira sino al punto che voi vi avvicinate moltissimo per poi lasciarvi uccidere. L’adoro per questa sua ambiguità, ha una bellezza così deliziosa ma nello stesso tempo incute pericolo. Nel vostro atélier in Giappone, vi ho chiesto di pensare a qualcosa e voi mi avete donato, in questo modo ricco di vitalità, questo sentimento di bellezza e di pericolo. Tutto ciò è veramente geniale.
Shingu: La musica è completamente minimalista ma molto efficace.
Kyliàn: Ho visto molte vostre opere; esse parlano sempre o quasi del vento, dell’acqua, principali elementi costitutivi della vita, ma anche portatrici di catastrofi. All’interno di un balletto noi siamo trasportati in una sorta di uragano potenziale. L’acqua la bevete et ne avete un gran bisogno. L’acqua, è anche pioggia, ghiaccio, vino, caffé, fiume, oceano ma è anche tsunami. I nostri corpi sono costitutiti d’acqua all’80%. Questo elemento è sempre presente nel vostro lavoro. E’ per questa ragione che la musica creata per questa coreografia nasce dall’acqua, da una goccia d’acqua. Altri suoni grazie all’intuizione e al pensiero possono evocarla.
Shingu: Quest’opera è molto ricca di colori, come un quadro. Il colore della luce è così efficace, così trasparente, così bello.
Kyliàn: Credo che la luce sia un elemento particolarmente importante di tutto l'insieme che vorrei considerare un artefatto, un’opera d’arte e non solo una coreografia danzata. Un’opera d’arte alla quale partecipano degli esseri viventi, l’opera di uno scultore e colui che la illumina affinché renda al meglio. Ho concepito tutto in bianco e nero, grigio e argento. Il sole è grigio, il lato sinistro bianco, quello destro nero come i costumi, ma non vedete mai del bianco e del nero, solamente dei colori, dei colori e ancora dei colori. E’ un processo notevole perché non ho mai utilizzato dei veri colori. Ma non so perché, tutto ciò ha un senso. Mi interrogo senza tregua su quest’opera e capisco. Da un pò di anni non considero i miei ballerini individualmente, ma piuttosto li vedo nel loro insieme, come un gruppo. Così ho bisogno sin dall’inizio e fino alla fine di un gruppo.
Shingu: E’ molto azzeccato avere dodici danzatori sul palcoscenico. Ciò dona all’insieme un carattere più anonimo o astratto. E ciascuno di loro è geniale!
Kyliàn: I danzatori devono avere molta disciplina e questa è soprattutto necessaria per il rispetto delle linee in cui ciascuno dev’essere identico all’altro. Poi all’improvviso un ballerino inizia ad improvvisare. L’improvvisazione è molto presente, dall’inizio alla fine con la scultura stessa, che non è altro che improvvisazione.Una certa libertà è quindi concessa all’interno di una certa strutttura definita, ma questa autonomia personale dev’essere frutto di una ricerca. Per raggiungerla sono necessari del coraggio, molta esperienza e saggezza. Abbiamo lavorato molto per esprimere con il fisico dei dettagli importanti come nei minuscoli movimenti della mano. Non ho mai finito di ripetere ai miei danzatori che muovere un piede è come il Kanji, come la calligrafia, dato che il corpo e i piedi sono calligrafia. E’ proprio in riferimento all’inchiostro nero che i costumi sono bianchi e neri. Quanto alle mani, questa volta le ho utilizzate come degli ornamenti. Contribuiscono in una certa maniera a rendere il linguaggio più personale, proprio come la firma di un individuo. Le mani accompagnano tutti i movimenti, molto spesso prendono qualcosa, dopo la lasciano. Afferrare, lasciare, prendere donare.
Shingu: Vorrei rivedere la vostra creazione più volte e certamente ci scoprirei ogni volta qualcosa di differente.
Kyliàn: Anche per me è così, senza dubbio. Come ho già detto, è una creatura vivente. Anche se si balla la stessa cosa, c’è sempre qualcosa legata all’improvvisazione. Ciò che i ballerini fanno su quella linea o su quella fila non è mai uguale, ma dev’essere completamente personale. Essi devono esprimere ciò che sentono all’istante. Non suggerisco mai loro una certa visione dell’amore, della morte, del sole o della luna, ogni danzatore è a un certo istante T della vita che condivide con il pubblico, che se forse non capirà, di certo coglierà la sincerità dei gesti. Sorge quasi una sorta di strana contraddizione nel fare qualcosa di completamente personale, ricca di emozione ma che è del tutto astratta. Questa stranezza è possibile.
Shingu: Vi piacerebbe lavorare in futuro ancora con me, anche in modo differente?
Kyliàn: Assolutamente sì, molto
(*) La conversazione è tratta dal libro di Peter Buchanan, Shingu, éd. Cercle d'Art, Paris 2005, pagg. 157-159. La traduzione è a cura di A.Poli